Ha preteso un test di paternità perché nostra figlia non somigliava a suo padre. Quando la verità è venuta fuori, tutti sono rimasti a bocca aperta

Ha preteso un test di paternità perché nostra figlia non somigliava a suo padre. Quando la verità è venuta fuori, tutti sono rimasti a bocca aperta.😯

Ero sposata con Tom da quasi quattro anni. La nostra relazione aveva alti e bassi, come accade a molte coppie, ma eravamo uniti e determinati a costruire la nostra vita insieme.

Eppure, fin dai primi giorni del nostro matrimonio, c’era una tensione costante: sua madre, Anna.

Non ha mai fatto un vero sforzo per accettarmi. Non vivevamo sotto lo stesso tetto, il che rendeva le cose più sopportabili, e i nostri contatti si limitavano ai grandi ritrovi familiari.

Facevo del mio meglio per restare calma di fronte ai suoi commenti pungenti. Ma dopo la nascita di nostra figlia, la situazione è cambiata radicalmente.😔

Anna ha iniziato a presentarsi a casa nostra quasi ogni giorno. All’inizio pensavo lo facesse per amore verso sua nipote, per aiutarmi. Ma il suo atteggiamento è presto diventato invadente e sospettoso.

«Tom, dovresti controllare se è davvero tua figlia», ripeteva insistentemente.

«Mamma, smettila», le rispondeva lui, esasperato. «È mia figlia, non ho alcun dubbio.»

Ma lei insisteva:
«Apri gli occhi. Non ha niente di tuo. Guarda i suoi capelli, i suoi occhi… ti sembra normale?»

Io restavo in silenzio, convinta che Tom si fidasse di me. Ma Anna continuava a spargere veleno tra i membri della famiglia, insinuando dubbi. E pian piano, quel veleno ha iniziato a fare effetto.😔

Una sera, Tom è tornato a casa turbato. Non riusciva nemmeno a guardarmi. Dopo un momento di silenzio, mi ha detto:
«Mi dispiace, ma… se facessimo il test del DNA? Solo per far tacere tutti.»

Il cuore mi si è stretto. Non gli ero mai stata infedele, sapevo che nostra figlia era sua. Ma quella richiesta mi ha ferita profondamente… Eppure, ho deciso di fare il test — e di vendicarmi di loro.

Ecco cosa ho fatto.

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«Va bene», ho detto con calma. «Ma dopo farai esattamente ciò che ti chiederò.»

Ha annuito senza fare domande.

I risultati sono arrivati qualche giorno dopo:
«Percentuale di paternità: 99,99%.»
Un’enorme espressione di sollievo è apparsa sul volto di Tom. Anna, invece, è rimasta in silenzio.

«Allora? Ora sei tranquilla?» le ha detto lui.

Lei ha solo alzato le spalle:
«Forse mi sono sbagliata… pazienza.»

Io ormai non l’ascoltavo più. Avevo già preso la mia decisione.

«Dove vai?» mi ha chiesto Tom, sorpreso di vedermi fare le valigie.

«Me ne vado», ho risposto prendendo nostra figlia in braccio. «Non posso vivere con un uomo che ha lasciato che sua madre dubitasse di me.»

Ha provato a giustificarsi:
«È stata lei a confondermi… Non volevo ferirti…»

«Ma l’hai fatto. E hai distrutto ciò che avevamo.»

Quel giorno me ne sono andata. Da allora non ho più avuto contatti né con lui né con la sua famiglia. Mi ha scritto, mi ha chiamata, mi ha supplicata. Ma era troppo tardi.
Una volta che la fiducia si rompe, non torna più.

— Aanna

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