Quella mattina, nel mio campo ghiacciato, ho visto qualcosa che ancora non riesco a spiegare

Tutto è iniziato in una mattina nebbiosa. Stavo passeggiando nel mio campo, con la brina ancora attaccata alla terra.
E lì li ho visti.

Delle masse arrotondate, irregolari, congelate nel ghiaccio. Posate lì, come se stessero aspettando qualcosa.
Sembravano quasi respirare…
Per un istante, ho avuto l’impressione di essere entrato in un altro mondo.

Mi sono fermato di colpo.

Il terreno, il freddo, il silenzio… tutto sembrava congelato intorno a quelle forme inquietanti.
Ho tirato fuori il telefono e ho scattato una foto — di riflesso, senza sapere davvero perché.

Non per dimostrare niente. Solo perché era strano. Perché non avevo mai visto niente del genere nei miei campi.

Poi, avvicinandomi, la realtà mi è tornata.

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Li avevo dimenticati. Quei cavoli.
Lo scorso inverno avevo perso parte del raccolto. Alcuni erano rimasti nel terreno, rannicchiati sotto la neve.

Ma quest’anno l’inverno era stato mite: non avevano gelato subito. Si erano ammorbiditi, gonfiati, deformati.


E il primo vero gelo di febbraio aveva cristallizzato tutto. Risultato: un cimitero di cavoli congelati nel ghiaccio.
Sagome grottesche, quasi umane.

Oggi li guardo come si guarda un’opera strana della natura.


Dentro non è rimasto che marciume. Un ritorno alla terra. Presto saranno concime.

Ma quella visione, quella mattina, resterà impressa nella mia memoria.
Perché prima di capire cosa fosse… ho avuto un dubbio.


Un brivido.

E per qualche secondo… ho creduto di aver risvegliato qualcosa.

 

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